sabato 26 maggio 2012

I rinnegati: elogio all'eversività

Li chiamano rinnegati, non perché sono stati disconosciuti dai loro padri, ma, al contrario, erano ragazzi e giovani intellettuali che hanno rinnegato loro stessi la loro origine e la loro famiglia. Erano figli di buona famiglia, borghesi e dediti ai lussi più sfarzosi. Avevano tutto, ma qualcosa mancava nei loro animi: una insoddisfazione che nessun vizio o oggetto poteva colmare. Un senso di appartenere ad una collettività che il liberal - capitalismo sembrava negare e una giustizia sociale che non veniva garantita a tutte le classi sociali. Quei vizi e quel lusso che avrebbero dovuto soddisfare tutte le loro esigenze era un fardello troppo grande, consci dell'importanza di "essere", di agire, di vivere per la collettività piuttosto che "avere" e vivere nel proprio egoismo. Una nuova etica pervadeva questi giovani che erano pronti a sacrificare le proprie ricchezze per scendere nei meandri più oscuri della società e da li agire per il riscatto umano e del povero. La parola d'ordine era "socialismo", lotta contro quella borghesia che li aveva visti nascere e contro quelle forze che minacciavano l'unità delle classi popolari e la collettività. I loro nomi sono entrati nel pantheon dei rivoluzionari e dei maestri del socialismo e hanno costituito dei modelli per tutti coloro che, stanchi dell'avere, preferivano l'essere, l'azione e il mutuo soccorso. Marcello Gallian, Karl Marx, Friedrich Engels, Errico Malatesta, Michael Bakunin e molti altri ancora sono alcune delle voci più importanti di questo fenomeno sociale e politico che ha interessato la seconda metà dell'ottocento fino quasi agli ultimi decenni del novecento. Molte altri ancora furono i rinnegati, ma la storia li ha dimenticati. Oggi sembra impossibile il riproporsi di una situazione simile, anche perché le condizioni sociali, politiche ed economiche sono diverse e probabilmente la situazione di crisi ha esercitato una influenza diversa sul pensiero di questi giovani. In questa epoca di riflusso e di materialismo sfrenato queste figure sarebbero dei pazzi che parlerebbero di cose insolite e addirittura folli: sarebbero come quei profeti che parlavano alle folle annunciando la venuta del Salvatore, ma costoro li prendevano per pazzi o per dei bugiardi. Il profeta o il ribelle non è mai apprezzato nel proprio contesto perché mostra immagini e concetti trasgressivi che ledono il buon e fittizio vivere quotidiano. Meglio la sicurezza e la fittizia pace che lottare contro quelle forze che, con la democrazia, hanno cambiato volto nascondendolo con una maschera buona e cordiale. L'elogio all'eversività non significa essere terroristi o uccidere, ma essere eversivi con la ragione per una vita sovrumana.

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