giovedì 2 agosto 2012
La rinascita è dentro noi stessi
La
mente umana è una esperienza divina. Carl Gustav Jung lo aveva
compreso benissimo e infatti tutta la sua attività psicanalitica fu
volta a conoscere e a trovare quel sottile filamento che collega la
coscienza, l'inconscio e la realtà. Un connubio che porta l'essere
umano ad essere un principio significativo e creativo solido e dai
connotati che lui stesso definì oltreumani. L'Io è quel Dio che
l'uomo cerca al di fuori di esso, una entità metafisica che le
religioni (non tutte) hanno portato a identificare con fenomeni fuori
dalla realtà stessa. Quel “regno di Dio” che è il fine
dell'uomo, promesso da Cristo ai suoi discepoli e a tutti coloro che
lo avrebbero seguito, è stato sempre visto come una dimensione
metafisica che supera la finitezza umana. In realtà esso è vicino a
noi: come lo gnosticismo lo psicanalista svizzero vedeva nel Regno di
Dio il raggiungimento del Se, cioè la quiete e la maturità psichica
ed etica. In questo modo il messaggio di Cristo avrebbe ritrovato
quella carica umana e archetipica che le Chiese hanno smarrito,
definendo “l'imitatio Christi” come solo un esercizio formale.
L'etica cristiana avrebbe trovato sua attuazione solo cambiando se
stessi. Jung non ha mai nascosto il suo interesse per la saggezza
orientale come motivo di rinascita dell'occidente. Il pensiero
religioso dell'estremo oriente aveva mantenuto intatte le sue forme e
le sue dottrine dall'opera distruttiva dello scientismo e del
razionalismo radicale. Ciò gli ha permesso di studiarle e di trovare
come sia il cristianesimo che il buddismo o l'induismo mirino alla
stesso fine: il Regno di Dio raggiungibile tramite un processo di
individuazione. In esse vedeva la sintesi delle pratiche ipnotiche e
psicanalitiche per giungere a quella completa assimilazione tra il
principio ancestrale e archetipico e quello razionale e cosciente
della personalità. L'uomo moderno, razionale e nichilista, soffre di
costanti nevrosi che Jung definisce la conseguenza dell'aver messo a
tacere la parte archetipica dell'Io, l'inconscio. Per cui i suoi
contenuti, gli archetipi, sono diventati forme mostruose e criptiche
le quali, manifestandosi nei sogni, rivelano un mondo che la
modernità rifiuta come falsità. Nell'antichità al contrario gli
archetipi erano oggetto di interesse perché rivelavano una
dimensione platonica dell'esistenza che trovavano corrispondenza nei
simboli e nei riti religiosi che non erano altro che
razionalizzazioni di questi stessi. La religione ha la capacità per
Jung di riassorbire questo conflitto psicologico e restituire
all'uomo quel costante dialogo tra conscio e inconscio che gli è
necessario per raggiungere il centro perfetto. Il principio del Tao
ad esempio è il connubio/contrasto eterno tra due principi, Yin
(femminile, passivo e freddo) e Yang (maschile, attivo e caldo). Da
ciò nascerebbe la vita. Questi due poli si identificano con le due
personalità umane, le quali cooperando e integrando, donano all'uomo
la capacità di conoscere se stesso e di sviluppare quell'intuizione
razionale che sta alla base della lettura dei significati della vita
e del mondo. In questo modo il processo di individuazione viene
portato al termine. L'individuo nasce se l'Io e l'Es, l'Animus e
l'Anima si compenetrino stabilendo l'equilibrio necessario al
benessere psicologico. L'individuazione, dice Jung, si manifesta in
simboli religiosi come il Mandala, il cerchio rituale della
tradizione buddista che i monaci tracciavano per ritrovare la pace
psichica, o nelle scienze come l'Alchimia. Contemporaneamente le
pratiche religiose e i riti ad essi connessi sono altrettanti
esercizi per raggiungere tale beatitudine, che è poi il fine di ogni
dottrina religiosa. Lo Yoga o gli esercizi spirituali di Ignazio di
Loyola sono alcuni degli esempi che Jung ha ampiamente descritto.
L'esperienza religiosa non è illusione o superstizione come vogliono
i razionalisti radicali, ma si identifica con la funzione essenziale
del nostro essere. La Fede non è altro che la spinta a ottenere
questo equilibrio psichico per raggiungere l'Essere nella sua
totalità.
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