martedì 22 maggio 2012

Michail Bakunin: un mondo senza Stato.


Michail Bakunin come molti suoi colleghi rivoluzionari non era di origine proletarie come si potrebbe immaginare. Nacque da una nobile famiglia russa il 30 maggio del 1814 a San Pietroburgo e ben presto abbandonò la sua famiglia e le sue origini. La sua vita da esule lo portò a viaggiare per l'Europa e per le Americhe e, nonostante fosse braccato dalle polizie di molti Paesi, non si arrese nel diffondere il suo pensiero e nel sollecitare azioni rivoluzionarie. Tutto ciò ha contribuito a costruire un modello di uomo politico e di coerenza umana che ha segnato la coscienza di molti giovani socialisti e anarchici.
Le parole e gli scritti del filosofo russo si riferivano alle masse proletarie e contadine che soffrivano per l'oppressione capitalista e a quelle avanguardie intellettuali declassate dalla cultura dominante, uscendo di fatto dagli schemi marxisti che prevedevano l'appoggio solo ed esclusivamente della classe operaia.
La sua idea di rivoluzione si fondava su un duplice piano: uno organizzativo e l'altro politico. A livello organizzativo l'organizzazione rivoluzionaria doveva costituirsi come una associazione clandestina in grado di infiltrarsi nel proletariato e farlo insorgere, mentre a livello politico lo scopo della rivoluzione era l'abolizione totale dello Stato e di ogni autorità.
Il conflitto con i marxisti fu inevitabile anche e soprattutto all'interno della Prima Internazionale. Bakunin riteneva che lo scopo del progetto comunista fosse quello di sostituire lo Stato attuale con uno nuovo, presumibilmente di stampo socialista, contribuendo sostanzialmente a cambiare padrone e potere. Inoltre i soggetti della lotta di classe che per i comunisti erano i soli operai, per gli anarchici e per Bakunin erano tutte quelle classi che costituivano la massa popolare e povere, anche i braccianti. Marx al contrario riteneva che la lotta dovesse portata avanti dal solo movimento operaio conquistando il potere, distruggendo lo Stato borghese instaurando uno Stato proletario durante la fase della dittatura del proletariato: fase indispensabile per il superamento della società senza classi.
Le accuse di “asistematicità” del suo pensiero da parte dei marxisti e di Marx, che gli valsero l'espulsione dalla Prima Internazionale nel 1872, non impedirono la fortuna del rivoluzionario russo. Tutto il suo lavoro intellettuale potrebbe essere sintetizzato così: la liberazione totale dell'uomo attraverso l'abolizione dello stato, il rifiuto di qualunque socialismo di stato, la valorizzazione di quelle forze sociali che il processo d'industrializzazione tendeva ad emarginare, non solo gli operai, ma anche braccianti e le classi ancora più povere.
L'opera principale di Bakunin è “Stato e anarchia” del 1873, massima espressione del suo pensiero. Le prime critiche nel testo sono rivolte a Mazzini il cui rivoluzionarismo aveva perso ormai valore e definisce senza fondamento la concezione teocratica dello Stato. In realtà, dice il rivoluzionario, una vera rivoluzione non deve portare alla separazione o al ridimensionamento del rapporto tra Stato e Chieda, ma li deve abolire entrambi.
Il dissenso con Marx non manca in questo libro. Bakunin ritiene che le prerogative proprie del marxismo sono la conquista dello Stato e la centralizzazione del potere per liberare il proletariato. A differenza dell'economista tedesco, il filosofo russo riteneva che lo Stato anche se socialista o comunista avrebbe rappresentato sempre una forma di oppressione poiché quel rapporto tra dominatori e dominati sussisteva ancora.
La liberazione dell'uomo può avvenire solo se viene abolito lo Stato e la sua fonte originale, la proprietà privata.
Lo Stato rappresenta l'opposto della natura umana che, pur essendo sociale, non prevede una struttura sociale. Di conseguenza Bakunin attaccava tutte le forme sociali e religiose esistenti. Marx rispose a tali critiche affermando l'infondatezza della rivoluzione bakuniana fondata non su un analisi delle leggi economiche, ma sul concetto di volontà: una forma di spontaneismo. La stessa concezione del capitalismo era diversa. Per Bakunin esso era il prodotto dello Stato moderno attraverso il quale quest'ultimo esercitava la sua forza repressiva. Di conseguenza l'apparato teorico era totalmente diverso.
Contrapposta alla dittatura del proletariato, Bakunin proponeva una federazione di comuni che avrebbe regolato la futura società umana. Il pensiero di Proudhon ha sicuramente influenzato questa visione con l'idea di un federalismo che avrebbe garantito progresso e armonia all'umanità.
Queste tesi ne richiamarono altre riguardanti le modalità della rivoluzione. Bakunin rifiutò una organizzazione politica dei lavoratori che avrebbe dovuto guidare la conquista del potere e mise l'accento sulla volontà, sulla spontaneità della massa popolare che è in grado da sola di azioni rivoluzionarie.
L'anarchismo bakuniniano si affermò nell'Associazione Internazionale dei Lavoratori, in particolare in Italia e in Spagna, e costituì la principale corrente di pensiero che per un certo periodo tolse la guida del movimento operaio ai marxisti. Le teorie del filosofo russo seppero cogliere le speranze del movimento operaio che anelava ad una nuova società libera e senza autorità. Una realtà, qualcuno l'ha definita, un utopia altri.

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