mercoledì 30 maggio 2012

Dal socialismo al Made in China

Riprendendo una celebre schematizzazione, si potrebbe in poche righe sintetizzare la storia della Cina contemporanea.

1949: Il socialismo salverà la Cina
1979: il capitalismo salverà la Cina
1989: la Cina salverà il socialismo
2009: La Cina salverà il capitalismo

Il novecento cinese è stato un continuo susseguirsi di fasi di rottura e di relativa calma. Le prime hanno rappresentato sempre dei punti svolta che hanno costituito momenti di crescita per il grande Stato asiatico

Il 1949 è l'anno della rivoluzione nazional - comunista di Mao Zedong (vedi articolo sul maoismo ) dopo che quest'ultimo, dopo una lunga guerra civile a fasi alternate, riuscì a sconfiggere l'esercito del nazionalista Chiang Kai - Shek, istituendo la Repubblica Nazionale Cinese. Il governo di Mao fu segnato da un susseguirsi di fallimenti e di eccidi che causarono milioni di morti per carestia e per le dure repressioni che seguirono la Campagna dei Cento Fiori e la Grande Rivoluzione Culturale Proletaria. Nonostante l'esaltazione degli occidentali, la "via cinese per il socialismo" era fallita miseramente reggendosi su basi economiche e sociali troppo fragili. Il Grande Salto in Avanti, che avrebbe proiettato la Cina nello sviluppo economico, di fatto fu un programma che si reggeva su forme di collettivizzazione deboli e mal gestite.
Ed ecco che nel 1979, tre anni dopo la morte di Mao, Deng Xiaoping pose le basi per una nuova fase della Cina contemporanea. Accanto all'apertura diplomatica, specie con gli Usa, Deng inaugurò "l'economia socialista di mercato" basata sulle "Quattro modernizzazioni" (agricoltura, scienza e tecnologia, industria e apparato militare) che doveva rappresentare una nuova fase del socialismo "alla cinese". Il progetto prevedeva una serie di riforme economiche per l'aumento della produttività e per attirare capitali dall'estero. Ecco quindi le famose "Zone economiche speciali", aree franche con poche ristrettezze fiscali. La Cina stava diventando il Paese che conosciamo oggi.
Prima che cadesse il Muro di Berlino la Cina era considerata a tutti gli effetti un Paese che aveva scelto il capitalismo. Si stava verificando una rapida crescita economica e la prassi socialista era quasi del tutto scomparsa. Nel 1989 avvenne un passo indietro. Questo anno è ricordato per la strage a Piazza Tiananmen dove gli studenti scesi in strada per protestare contro la soppressione delle libertà furono respinti a colpi di pallottole. Dicevo, con la caduta del Muro di Berlino la Cina "comunista" era l'unico Paese socialista (oltre Cuba) che potesse essere preso come punto di riferimento per ciò che restava del movimento operaio. La caduta dell'Urss traumatizzò la sinistra occidentale che per decenni aveva creduto nel mito della Rivoluzione e della solidità del blocco sovietico. L'imbarazzo per i numeri delle vittime del maoismo furono lo scotto da pagare per porre nella Cina la fede socialista. Nel frattempo i cinesi stavano mangiando velocemente molte tappe nella crescita economica nonostante una serie di crisi interne ed estere avevano rallentato la corsa del gigante asiatico.
Giungiamo agli inizi del nuovo millennio quando ormai è chiaro che la Cina sarà uno dei futuri giganti dell'economia internazionale. Leader industriale e delle esportazioni verso Usa ed Europa la potenza asiatica dimostra di avere molto coraggio nello sfidare il vecchio scacchiere geopolitico e nel mostrare una certa ingerenza nelle faccende politiche dei Paesi terzamondisti. Il 2009 è l'anno della crisi internazionale che ha visto fallire industrie e istituti bancari lasciando sul lastrico intere fasce popolari e mettendo in difficoltà la potenza americana e la maggioranza degli Stati dell'Ue. La Cina sembra essere l'unico Paese in grado di resistere a tale scossone. In realtà, a causa della caduta della domanda di materie prime, le esportazioni sono diminuite e ciò ha rallentato la crescita che nel 2007 ha raggiunto il record del 13% Pil. La tigre asiatica si è confermata la nuova staffetta del capitalismo, rapace e monopolizzante, tanto che lo Stato cinese è il capitalista più ricco al mondo capace con le sole casse statali di ricapitalizzare molte istituti bancari occidentale e di finanziare grandi opere in giro per il mondo. I capitalisti cinesi (che tuttora continuano a maneggiare il Libro Rosso di Mao) sono i pericolosi concorrenti degli omologhi occidentali, incorporando nelle proprie multinazionali numerose ex imprese europee o americane. Avendo comprato il debito pubblico di molti Stati ha anche la possibilità di ricattarli e di minacciare provvedimenti economici per danneggiare chi cerca di alzare la testa. La sua area di influenza continua ad espandersi sostenendo una politica di affiancamento e di supporto dei Paesi africani sottosviluppati, avendo in cambio risorse e supporto logistico. Tutto ciò le concede la libertà di non rispettare gli accordi internazionali specie quelli ambientali. Le limitazioni del Trattato di Kyoto rallenterebbero la crescita del Pil cinese. Ecco perché le industrie cinesi continuano a rilasciare nell'atmosfera veleni e fumi chimici. Il non rispetto delle "leggi salva ambiente" ha un costo ecologico e umano: è una delle nazioni più inquinate del pianeta dove i danni alla salute sono elevati e le vittime sono un numero imprecisato. C'è chi afferma che sarà proprio la Cina a salvare il capitalismo.

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