La
storia dei Desaparecidos ci porta in Sud America nei fatidici anni
70. In Cile, in Argentina e in molti altri Stati i governi
democratici, eletti con il consenso popolare, furono deposti con le
armi e con l'appoggio di un sistema di spionaggio e di
controrivoluzione gestito direttamente dagli Usa. Questa vasta
operazione denominata “Condor” scongiurò in breve tempo
ipotetici rivoluzioni comuniste sul modello cubano.
Nel
1973 in Cile il governo socialista di Allende venne rovesciato con un
golpe dal generale Augusto Pinochet il quale instaurò un regime
autoritario e repressivo.
Nel
1976 toccò all'Argentina. Dopo un periodo di instabilità politica
seguita alla morte di Juan Peron, un gruppo armato guidato da
generali sovversivi capeggiati dal generale Videla rovesciò il
governo democratico di Isabel Peron, moglie del defunto Juan.
In
tutte e due questi Paesi le voci del dissenso non si fecero
attendere. Sia in Argentina che in Cile molti esponenti della
sinistra radicale e di quella moderata furono arrestati e
imprigionati. A Santiago del Cile i dissidenti scesi in piazza contro
Pinochet furono condotti e imprigionati nello stadio cittadino. Le
foto e le testimonianze di chi aveva assistito a tali scene fecero il
giro del mondo, ma, a causa della censura politica, ben presto le
notizie dal fronte cileno furono interrotte e della sorte dei
prigionieri non si seppe più niente. Dal 1973 al 1976 almeno per il
Cile non giunsero più voci riguardante i continui arresti e
uccisioni.
Le
modalità e le strategie di repressione furono identiche e tutte
volte a stroncare il dissenso in segreto. Le squadre militari agivano
in borghese e a bordo di Ford Falcon verdi e con il favore delle
tenebre sorprendevano nel sonno i loro obiettivi. L'immagine di
queste squadre della morte ancora oggi vive nei ricordi di chi ha
vissuto questi momenti specie in Argentina dove il fenomeno della
repressione è stato più capillare.
Una
volta catturati i criminali venivano portati in luoghi segreti: in
Argentina ad esempio si utilizzò per vari anni il centro di
addestramento della Marina Militare ESMA a Buenos Aires. In questi
centri di prigionia camuffati i prigionieri venivano torturati fino
alla morte. Una domanda ci si è posti fin dall'inizio quando questi
fatti vennero a galla: dove sono finiti i cadaveri dei prigionieri
uccisi?
Per
occultare tutto ciò si organizzarono una serie di “Voli della
Morte”: questi voli sorvolavano l'Oceano Pacifico o Atlantico per
gettare in mare i corpi con il petto squarciato per attirare i
predatori e far sparire definitivamente i cadaveri.
Un
velo scuro si distendeva su questi avvenimenti fino al 16 settembre
1976. Con “La notte delle matite spezzate” l'attenzione
dell'opinione mondiale si rivolse definitivamente verso ciò che
stava accadendo in Argentina e in generale in Sud America.
A
La Plaza, un comune in provincia di Buenos Aires, un gruppo di
studenti scese in piazza per protestare contro il regime autoritario.
La reazione del regime non si fece attendere. La notte del 16
settembre la polizia arrestò e disperse il movimento. Gli otto capi
della rivolta furono arrestati e da quel momento in poi di loro non
si seppe più nulla .
La
verità non rimase a lungo nascosta. Con la caduta di Pinochet e del
regime dei Generali in Argentina e con il ritorno della democrazia le
inchieste sulle atrocità commesse furono molte e volte a svelare i
retroscena più oscuri.
A
Buenos Aires nel 1983 venne ripristinata la democrazia e con essa un
forte senso di legalità che accrebbe il senso di giustizia contro i
responsabili della repressione. Dopo la caduta del generale Videla,
il neopresidente Raul Alfonsine si accinse a mettere sotto inchiesta
i principali protagonisti del vecchio regime e a dare giustizia e
restituire serenità alle famiglie dei desaparecidos. Un grande
impulso in questa lotta venne dato dal movimento “Madri di Plaza de
Mayo”, un associazione nata dopo il regime autoritario di Videla e
formato dalle madri delle vittime. Queste coraggiose donne di tutte
le età sfidarono le autorità e a gran voce chiedesero giustizia e
verità per restituire dignità ai loro cari defunti. Il nome è
ripreso dalla piazza di Buenos Aires dove si riunirono per la prima
volta sfilando con un fazzoletto bianco in testa che divenne il
simbolo del movimento.
Il
15 dicembre del 1983 il presidente Alfonsin dette vita al “Conadep”
(Commissione Nazionale sulle Persone Scomparse). Composta da celebri
figure della cultura e della politica argentina, ha svolto una serie
di inchieste che tuttora continuano per contare e classificare i
morti della repressione. Il prodotto ultimo in continuo aggiornamento
è il “Nunca Mas” (Mai più) del 1984 dove sono elencate le cifre
dei dispersi e i nomi dei responsabili della “junta” militare
responsabile delle uccisioni. Secondo tale rapporto le persone
scomparse sono circa 30.000 di cui 9000 sono i morti accertati:
questa cifra comunque è in continua crescita man mano che gli
archivi segreti vengono aperti e studiati.
I
processi contro i gerarchi della junta argentina sono stati poco
proficui visto la forte pressione di ambienti militare che hanno
portato alla scarcerazione di molte personalità. Nel 2007 con lo
stupore di gran parte dell'opinione pubblica internazionale venne
arrestata in Spagna Isabel Peron con l'accusa di aver ucciso un
desaparecido.
La
vicenda dei Desaparecidos ha suscitato anche grande clamore negli
ambienti culturali internazionali. Film, romanzi, musiche sono i
principali veicoli attraverso i quali questa storia atroce viene
raccontata. “La casa degli spiriti” di Isabel Allende o “Hijos”
di Marco Bechis sono alcuni degli esempi celebri di come la cultura
sia sensibile a questi temi e faccia di tutto per supportare una
causa che tuttora non ha ancora trovato fine ne giustizia.
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