mercoledì 23 maggio 2012

La (in)gloriosa storia dei comunisti italiani


IN ORIGINE

Nel 1920 Lenin ritenne opportuno che i partiti iscritti al Comintern sottoscrivessero la loro approvazione ai 20 punti, base della Terza Internazionale. In Italia tale richiesta venne accettata dal gruppo di Ordine Nuovo di Antonio Gramsci il quale si accinse a far sottoscrivere tale documento alla fazione comunista del Psi. Non ci troviamo ancora di fronte ad un partito comunista, ma già erano evidenti i primi membri del futuro Pcd'It.: Amedeo Bordiga, Antonio Gramsci, Luigi Polano, Bruno Fortichiari, Antonio Graziadei e molti altri. Tale movimento venne costituito ufficialmente il 15 ottobre del 1920 a Milano. Contemporaneamente iniziò a circolare negli ambienti socialisti la “Circolare Marabei – Graziadei” con la quale si chiedeva il cambio del nome in “Partito Socialista Comunista d'Italia”. Il gruppo di massimalisti vicino a Graziadei e a Merabei si riunì in un convegno a Imola il 28 e il 19 novembre 1920. Nonostante le polemiche si stilò una mozione (nota come “Mozione di Imola”) da presentare al XVII Congresso socialista a Livorno. In questo documento si chiedeva di aderire ai 20 punti di Lenin e quindi votare a favore dell'entrata nel Comintern e di costituire il “Partito Comunista d'Italia”. I mesi che precedettero il congresso di Livorno furono incandescenti e si decise alla fine di separarsi dal Psi se il gruppo riformista di Turati, riunito intorno al quotidiano “Concentrazione”, non avesse accettato i punti di Imola.

21 GENNAIO 1921: NASCE IL PARTITO COMUNISTA D'ITALIA

Il 21 gennaio 1921 a Livorno si svolsero nel Teatro Goldoni a Livorno le votazioni per l'approvazione della Mozione di Imola. La fazione comunista ebbe la maggioranza (57,16%). Bordiga allora dichiarò il Psi fuori dal Comintern e spinse i suoi compagni a riunirsi al Teatro San Marco per costituire il Partito Comunista d'Italia. Si ebbe quindi la cosiddetta “Scissione di Livorno”.
Nel pomeriggio del 21 gennaio venne decretato lo statuto e delineata la struttura del partito che seguiva le direttive di Lenin: quelle di un partito centralizzato e rivoluzionario. Il primo Comitato Centrale del Pcd'It. contò all'inizio 5 membri e la sede del partito venne spostata a Milano dove si trovava il quotidiano “Il Comunista” che dal 11 ottobre da bisettimanale divenne quotidiano.
Il primo segretario del nuovo partito fu Amedeo Bordiga dal 1921 al 1923. La sua guida fu fortemente carismatica e molto controversa sia nei confronti degli altri partiti, membri dell'Internazionale, sia nei riguardi di Lenin che diffidava delle posizioni astensioniste di Bordiga. La polemica nacque durante il II Congresso del Comintern a Pietrogrado nel 1920. L'economista italiano riteneva che un futuro partito proletario e rivoluzionario si tenesse fuori dal parlamentarismo e avviasse una politica di contrasto al governo democratico e borghese. Il suo astensionismo cozzava con la linea parlamentare di Gramsci e sostenuta direttamente da Lenin. Altro contrasto con il PCUS riguardò l'organizzazione del partito stesso. A differenza del partito comunista russo il Pcd'It. era si gerarchizzato, ma all'apice della piramide non vi era una dirigenza intellettuale: era per lo più composta da ex operai e operai stessi. Inoltre essendo il partito la guida della futura società, le decisioni spettavano alla sola dirigenza. Questo in poche parole fu il “centralismo organico” opposto al “centralismo democratico” di Lenin. Nel giugno del 1923 Bordiga e gli altri dirigenti del Pcd'It. furono arrestati e al suo posto venne posto alla direzione del partito Palmiro Togliatti e Angelo Tasca (1923 – 1924) e successivamente Antonio Gramsci (1924 – 1926). Nel 1926 a Lione si organizzò il III Congresso del Pcd'It. Vi presero parte Bordiga (assolto e liberato), Togliatti e molti altri dirigenti comunisti. Durante i lavori la Sinistra Comunista di Bordiga venne criticata per le loro posizioni internazionaliste e di conseguenza contro il “Socialismo in un solo Paese” di Stalin. Per cui al momento delle votazioni la direzione del partito fu affidata con la maggioranza dei voti ai “centristi” legati a Mosca. L'adesione di Bordiga al Pcd'It. fu sempre più marginalizzata fino a quando venne espulso per aver difeso nel 1930 Leone Trozkij. Nel 1924 durante le dispute interne al partito venne fondato il quotidiano “L'Unità”.

LA CLANDESTINITA' E LA NASCITA DEL PCI

Nel 1926 Bordiga e Gramsci furono arrestati dal regime fascista e condotti nell'isola di Ustica. Il partito comunista venne sciolto come il resto dei movimenti democratici e le dirigenze o furono esiliate o vissero per anni in clandestinità. L'arresto di Gramsci fu l'occasione per Togliatti di prendere le redini del partito. Il comunista sardo rimase in carcere fino al 1935, quando venne trasferito nella clinica “Quisisana” a Roma, dove morì nel 1937. Estromesso Tasca dalla dirigenza per essersi contrapposto a Stalin, il partito divenne definitivamente stalinista. Togliatti nel 1930 ratificò l'espulsione di Togliatti e della Sinistra Comunista e accettò con disprezzo l'alleanza con Giustizia e Liberta, ritenuto un movimento borghese e complice del fascismo, secondo la teoria del socialfascismo (socialdemocrazia e fascismo nascono dal capitalismo e quindi sono entrambe da combattere). Tutto ciò venne fatto in vista della creazione di un Fronte Popolare, secondo le direttive del Comintern, per opporsi all'avanzata del fascismo. Dal 1934 al 1938 Togliatti fu segretario del partito insieme a Ruggero Grieco e con lui firmò il “patto d'unità d'azione” tra socialisti e comunisti. Nel 1939 Togliatti, dopo un periodo di detenzione tedesca, dalla Francia occupata si trasferì a Mosca dove, solo, diresse le operazioni del Pcd'It.
La fuga a Mosca di Palmiro e la rottura del Patto Molotov – Ribbentrop (1940) riaccese la lotta antifascista, questa volta guidata dagli stalinisti italiani. Nel 1941 a Tolosa venne firmato di nuovo un secondo patto d'unità d'azione. Il malcontento popolare e una vasta rete di propaganda clandestina permisero a Togliatti di accendere gli animi contro il regime fascista anche grazie alle comunicazioni radiofoniche tramite Radio Mosca.
Nel 1943 l'Internazionale Comunista viene sciolta e Mussolini il 25 luglio è costretto a dimettersi. I gruppi comunisti rimasti in Italia con il consenso di Togliatti dettero vita al Partito Comunista Italiano (PCI), partito che seguì fin da subito la linea parlamentare e, eliminate le ultime correnti della Sinistra Comunista, si contrappose in blocco alla nascente Democrazia Cristiana. Nel 1944 a Salerno Togliatti, su suggerimento di Stalin, cercò un compromesso tra antifascisti, monarchici e Badoglio per la formazione di un governo di unità nazionale. Tale accordo è chiamato “Svolta di Salerno”.

DOPO LA LIBERAZIONE

Dopo la Liberazione e l'esperienza della Resistenza il Pci si diede una veste democratica e riformista. Togliatti si accinse a consolidare la nascente democrazia italiana, riuscendo nel contempo a rafforzare nei militanti e nel popolo il mito della Rivoluzione e dell'URSS. Nel 1947 il Pci entrò nel Cominform, appena nato, e sempre nello stesso anno, a maggio, Togliatti partecipò all'Assemblea Costituente che il 1° gennaio 1948 fece entrare in vigore la nuoca Costituzione Italiana. Tutto ciò nonostante il Pci fosse stato escluso dal governo durante l'amministrazione De Gasperi. Nel 1947 il Psi sciolse l'alleanza politica ed elettorale con il Pci perdendo una parte dell'elettorato. Nonostante circa 30 anni di opposizione il partito comunista registro un consenso elettorale sempre maggiore fino alla fine degli anni 70 quando venne stretto il patto di “solidarietà nazionale”. I tempi difficili non tardarono ad arrivare. Nel 1956 i rapporti con l'URSS entrarono in crisi in seguito alla Primavera di Praga, uno dei tanti episodi della rivoluzione ungherese. Tale evento segnò la messa in discussione del mito del socialismo reale e del concetto di libertà che in esso vigeva. Togliatti appoggiò la repressione sovietica segnando la fuoriuscita di un gran numero di militanti comunisti specie intellettuali con il “Manifesto dei 101”. Sempre in questo periodo il Pci imboccò la “via italiana del socialismo” che consisteva nell'abbandonare la rivoluzione e nel partecipare attivamente alla vita istituzionale del Paese. Il 21 agosto 1964 morì a Jalta Palmiro Togliatti. Prima di morire il segretario comunista stilò un memoriale, detto “Memoriale di Jalta”, dove ribadiva l'unicità del Pci nel costruire la società socialista rispetto al resto del movimento socialista. La figura di Togliatti aveva donato al partito una certa unità politica e ideologica. Nell'XI Congresso svoltosi nel 1966 videro lo scontro tra la linea politica dei “Miglioristi” di Giorgio Amendola (riformisti e democratici) e quella “Ingraiana” di Pietro Ingrao (vicina alle posizioni marxiste - leniniste). Amendola riuscì ad accattivarsi le simpatie dei delegati comunisti riuscendo a mettere in minoranza Ingrao che precedentemente godeva di grande ammirazione. Nel frattempo venne nominato segretario del partito Luigi Longo nel 1972.
In realtà le anime più forti del partito erano quelle di Ingrao e Amendola, ma Longo, essendo diretto scolaro di Togliatti, riusciva a dare una maggiore sicurezza di stabilità e di unità politica. Sostanzialmente continuò la politica di stampo nazionale del Pci schierandosi nel 1968 contro l'invasione sovietica della Cecoslovacchia.

IL MITO DI ENRICO BERLINGUER

Nel 1972 divenne segretario Enrico Berlinguer. Ex presidente della Fgci (Federazione Giovani Comunisti Italiani) divenne segretario dei comunisti all'indomani del Golpe di Pinochet in Cile. Tra le prime proposte politica del neo segretario ci fu un “Compromesso Storico” con la Democrazia Cristiana. Base di questo patto era una maggiore stabilità politica nella gestione della cosa pubblica e per aprire al governo quelle grandi forze democratiche (come il Pci) che fin dall'inizio erano state marginalizzate. Nel proporre tale patto, che avrebbe dato maggior rilievo alle fazioni di sinistra della Dc, trovò un buon esito nel gruppo vicino ad Aldo Moro.
I rapporti con l'URSS si fecero sempre più difficili. Berlinguer, oltre a difendere la democrazia, propose una nuova politica: “Eurocomunismo”. I principali partiti comunisti europei (Francese, Inglese, Spagnolo e per ultimo Inglese) si resero conto che il socialismo europeo e americano si era allontanato dai principi leninisti e aveva imboccato una linea democratica e riformista. Ecco perché nel 1977 a Madrid Berlinguer organizzò una conferenza tra i comunisti spagnoli, francesi e inglesi, per decidere come organizzare la “nuova via” del socialismo. I vari delegati riconobbero alcuni cambiamenti epocali tra i due blocchi politici e sociali: distensione politica e militare, sviluppo economico e l'idea di una lotta operaia a carattere riformista e democratico. Tale progetto durò poco a causa della diserzione del partito comunista francese che si allineò alle posizioni sovietiche e del calo elettorale dei comunisti spagnoli. Il contrasto tra Pci e Pcus si rafforzò quando nel 1981 Berlinguer dichiarò che la Rivoluzione d'Ottobre aveva esaurito la sua spinta propulsiva.
A questo periodo risalgono i dossier e le indagini su finanziamenti illeciti che il Pci ebbe dal l'URSS. Nei rapporti “Impedian”, contenuti del “Dossier Mitrokhin”, sono raccolti le testimonianze e le prove di questo traffico di soldi tra gli anni sessanta e settanta. Secondo il rapporto n. 100 del dossier nel 1971 un agente italiano del KGB, Anelito Barontini (nome in codice “Klaudio”), consegnò fece da tramite per una consegna illecita di fondi. Questo è solo un esempio dei tanti resoconti su scambi e legami segreti tra il Pci e il Pcus.

IL COMPROMESSO STORICO E IL RAPIMENTO MORO

Gli anni settanta furono segnati da forti tensioni sociali specie tra sindacati e padronato. Tale battaglie combattute in strada con scioperi e occupazioni di stabilimenti, sfociò inevitabilmente in una lotta armata. In questo clima politico così infuocato il Pci ne rimase escluso. Giorgio Amendola fu il primo a lamentarsi di questa situazione cercando forme di compromesso con altre forze moderate. Già prima del Compromesso Storico, il democristiano Ugo La Malfa nel 1977 dichiarò di voler creare un governo di coalizione con i comunisti. Tale proposta venne senza esitazione rifiutata dai democristiani e dai socialisti.
Dopo lunghi mesi di trattative, Berlinguer trovò in Aldo Moro, presidente della Dc, un valido interlocutore per poter entrare nel governo. Gli incontri tra i due leader ebbero come scopo quello di individuare delle strategie comuni, cosa che effettivamente fu molto proficua. Moro in particolare fu colui che si applicò al meglio per convincere e dirottare maggior consensi verso il progetto di Compromesso Storico. Questi era convinto che l'alleanza con il Pci avrebbe permesso di superare il periodo di crisi. Berlinguer invece individuava nel Compromesso Storico una porta per permettere al suo partito di entrare per la prima volta in un governo, anche se di coalizione. Il tutto fatto affinché si evitasse una situazione simile a quella che portò al Golpe cileno. Nel 1978 in occasione del voto di conferma del governo Andreotti, i comunisti decisero di votare a favore per creare un governo monocolore a cui successivamente avrebbe aderito il Pci.
Andreotti formò un governo con membri della Dc che erano reticenti a favorire il piano di Moro. Purtroppo le cose non andarono secondo i piani. Il 16 marzo 1978 fu rapito dalle Brigate Rosse. Dopo 55 giorni di prigionia venne ucciso dalle Br e il suo corpo venne ritrovato il 9 maggio. Berlinguer intuì che tale azione era premeditata per far saltare il compromesso.

ULTIME ORE AL TRAMONTO

Durante il sequestro Moro il Pci fu tra coloro che sostennero il fronte della fermezza contro ogni trattativa con i rapitori. La morte di Moro fu un punto critico nelle trattative tra comunisti e democristiani, segnando la totale estromissione del Pci dalle faccende pubbliche. Si può ben dire che da questo momento in poi i comunisti restarono all'opposizione nonostante nel 1978 fosse stato eletto come Presidente della Repubblica Sandro Pertini, figura gradita al Pci e che ricambiava tale simpatia. Un altro ostacolo dei comunisti fu il Psi di Bettino Craxi che in questi anni raccoglieva una grande fetta dei voti di sinistra. L'isolamento del Pci si acuì definitivamente con il famoso “pentapartito” (Dc, Psdi, Pli, Pri e Psi) che escluse del tutto i comunisti dalla partecipazione governativa. Berlinguer non si arrese. Cercò di creare nuove alleanze, specie con le nuove forze sociali che chiedevano una trasformazione sociale dell'Italia. Ecco che assistiamo al tentativo di recuperare un legame con la classe operaia scavalcando i sindacati e sostenendo le battaglie operaie, soprattutto le vertenze operaie della Fiat nel 1980. Tali campagne non diedero i risultati voluti visto che il Psi rappresentava ancora una volta di essere il partito di riferimento della sinistra.
L'11 giugno 1984 Enrico Berlinguer. La segreteria del partito passò ad Alessandro Natta. Molti videro con la morte di Berlinguer la chiave che aprì al declino del partito. Sia le vicende relative all'URSS sia i contrasti interni al partito mostravano che i tempi d'oro erano ormai finiti. Nell'aprile del 1986 al XVII Congresso nazionale del Pci Giorgio Napolitano, esponente dell'area “migliorista”, propose un gesto rivoluzionario: staccarsi dall'area comunista e approdare a quella socialista. Tale proposta fu criticata e molti dei vecchi militanti e dirigenti di partito uscirono da esso.
Nel maggio del 1988 Natta si dimise colto da un ictus. Al suo posto venne posto il suo vice, Achille Occhetto. Fu proprio costui che rilanciò l'idea di Napolitano creando quello che fu il nuovo Pci specie dopo il XVIII Congresso nazionale. Sempre nello stesso anno Occhetto creò quello che venne definito “Governo Ombra” del Pci ispirandosi allo “Shadow Cabinet” inglese per esplicitare a tutti come il Pci fosse una seria alternativa al governo d'allora.

IL DISSOLVIMENTO

Il 1989 è stato l'anno fatidico per le ultime forze che convenzionalmente erano definite comuniste. L'URSS era da decenni in crisi e con Gorbaciov si era aperta una nuova epoca con svolte liberali e volte a smantellare quel mostro decaduto che è stata l'Unione Sovietica. Il 9 novembre del 1989 il muro che divideva Berlino in due zone d'influenza (americana e sovietica) da circa 28 anni venne abbattuto. Tale gesto segnò una svolta epocale. I partiti comunisti avevano perso credibilità e i risultati elettorali erano sempre più modesti. In Italia tale crisi si avvertì in maniera maggiore visto che esso era uno dei partiti più grandi.
Il 12 novembre Achille Occhetto dichiarò presso una sezione del Pci a Bologna, la “Bolognina”, che avrebbe apportato grandi cambiamenti. In breve la proposta del segretario consisteva nel dare un nuovo volto al Pci, nome ormai scomodo dopo la caduta del Muro di Berlino, e di costituire un nuovo partito della sinistra. Tale evento prese il nome di “Svolta della Bolognina”. Non tutti accettarono questa decisione. Ingrao, Aldo Tortorella e Armando Cossutta si opposero con forza a tale progetto.
Nonostante le voci di opposizioni nel marzo del 1990 a Bologna si tenne il XIX Congresso nazionale. Due furono le mozioni proposte ai delegati. La prima che consisteva nel creare un nuovo partito democratico e riformista che venne accettata dalla maggioranza; la seconda , sostenuta di Ingrao e i veterani, prevedeva un cambio nell'organizzazione e nella politica del partito, ma non rinnegare il passato. Questa mozione venne respinta. Ci fu poi una terza proposta: costituire un partito dalla carica ideologica forte e ortodossa. La mozione venne sviluppata dal gruppo di Cossutta, ma fu respinta all'unanimità.
Nel febbraio 1991 si svolse a Rimini il XX Congresso nazionale, l'ultimo del Pci. I lavori furono volti sostanzialmente a dare un nome al nuovo partito. Dopo una serie di dibattiti e di litigi si scelse il nome del nuovo partito: Partito Democratico della Sinistra, nome proposto da Occhetto e D'Alema che ricevette il maggior numero dei voti. Il 3 febbraio del 1991 si ufficializzò la morte del Pci, rinato però sotto una serie di vesti. In pratica il Pci si era dissolto in una serie di movimenti e partiti. I Pds furono gli eredi maggiori del Pci, mentre poco tempo dopo si costituì il “Partito della Rifondazione Comunista” che raccoglieva i movimenti e gli schieramenti più ortodossi che rifiutarono di aderire al Pds. 

2 commenti:

  1. Scrivi che: "Ecco che assistiamo al tentativo di recuperare un legame con la classe operaia scavalcando i sindacati e sostenendo le battaglie operaie, soprattutto le vertenze operaie della Fiat nel 1980. Tali campagne non diedero i risultati voluti visto che il Psi rappresentava ancora una volta di essere il partito di riferimento della sinistra." In base a cosa lo affermi, sai che nel 1983 il PCI prese il 30% dei voti? Il PSI non rappresentava affatto il partito di riferimento della sinistra.

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  2. Il Psi era il maggiore partito di "sinistra" al governo. Ricordo che nel 1983 si era nel Governo Craxi I. Il Pci era fuori i giochi da molto tempo ostacolato sia dai partiti socialisti sia dalle forze di centro destra.

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