mercoledì 23 maggio 2012

Nicola Bombacci: un comunista in camicia nera


Chi era Nicola Bombacci? Pochi lo conoscono e solo negli ambienti del socialismo nazionale il suo nome riecheggia ancora. La damnatio memoriae, che lo ha colpito dopo la sua morte, ha avuto in parte l'effetto sperato: cancellarlo dalla storia.
Bombacci nacque a Civitella di Romagna, in provincia di Forli, il 24 ottobre del 1879. Fin da giovane età prese parte alla vita sindacale della sua regione venendo eletto nel 1911membro del consiglio Generale del Lavoro (Cgdl).
La sua grande abilità retorica, così affascinante e magnetica, lo resero famoso non solo nella sua regione, ma anche a livello nazionale. Modena fu la città dove emerse, dove strinse amicizia con Benito Mussolini, giovane socialista emiliano, dove divenne segretario della Camera del Lavoro e della Federazione Socialista e dove gli fu affidato la direzione del periodico socialista, il “Domani”.
Nel 1917, anno della Rivoluzione russa, divenne membro del consiglio di direzione del Psi. I contrasti con gli altri membri del partito non si fecero attendere. Bombacci era un convinto massimalista tanto che nel 1919 insieme a Serrati, Gennari e Salvadori fondò un gruppo socialista massimalista che al XVI Congresso Nazionale del Partito Socialista Italiano a Bologna ebbe la maggioranza dei voti divenendo la guida del partito stesso.
Nei primi anni del ventennio fece parte della delegazione italiana presso la III Internazionale e nel 1921 a Livorno fu tra i fondatori del Partito Comunista d'Italia (Pcd'It.) con Gramsci, Amedeo Bordiga, Egidio Gennari e Antonio Graziadei, divenendo poi direttore del quotidiano il “Comunista”. Sempre nello stesso anno venne rieletto deputato nella circoscrizione di Trieste.
All'interno del partito Bomabacci si astenne dai contrasti tra la linea “ordinovista” di Gramsci e quella “astensionista” di Bordiga, aderendo invece ad un progetto di Francesco Milano che prevede la costituzione di un grande partito massimalista.
Tale situazione gli causarono immediatamente l'estromissione dalla direzione del partito e nel 1923 venne espulso dal Pcd'It. essendo accusato di aver affermato durante una seduta della Camera dei Deputati una possibile congiunzione tra la rivoluzione fascista e quella sovietica.
Le sue lamentale anche presso il comitato centrale dell'Internazionale a Mosca non gli valsero il rientro nel partito. Dal 1925 Bombacci lavorò per l'ambasciata sovietica in Italia continuando la sua attività politica in proprio.
Con gli anni trenta iniziò il suo avvicinamento a Mussolini, il suo amico d'infanzia e di partito. Per una serie di difficoltà economiche fu costretto a chiedere aiuto al Duce il quale lo aiutò sovvenzionandolo e affidandogli vari incarichi. Per riconoscenza e per una grande amicizia Bombacci si convertì alla causa mussoliniana e venne posto alla direzione del periodico “La Verità”.
Nonostante la vicinanza al fascismo Bombacci non si iscrisse mai al PNF e, dopo la caduta di Mussolini, aderì con convinzione all'RSI. Nella nuova repubblica ebbe maggior campo libero e pote dedicarsi alla costruzione di un fascismo di stampo socialista e nazionalista. La sua capacità di parola lo rese celebre ben presto tra le masse proletarie parlando della degenerazione del bolscevismo e dell'avvento di un nuovo Mussolini che avrebbe realizzato l'agognato “Stato proletario”. Nel 1943 partecipò al Congresso di Verona dove, secondo alcune voci, propose il progetto della “socializzazione” dei mezzi di produzione e delle imprese che ebbe molto successo a Salò e all'estero.
I suoi sforzi per la difesa del fascismo furono vani. Era il 25 aprile del 1945 quando l'Rsi cadde sotto i colpi dei partigiani e degli Alleati. I piani di Mussolini fallirono, ma Nicola Bombacci rimase fino all'ultimo al suo fianco. Il 28 aprile del 1945 venne catturato dai partigiani e fucilato sulle rive del lago di Como e appeso per i piedi a Piazzale Loreto a Milano. Si dice che le sue ultime parole furono un elogio all'Italia e al fascismo: “Viva l'Italia! Viva il Socialismo”.

1 commento:

  1. Massimo rispetto per Bombacci, ce ne fossero di "compagni" come lui.

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