martedì 22 maggio 2012

Socialismo e nazionalismo: quando nasce e cos'è il nazionalsocialismo italiano


Di solito consideriamo il socialismo in chiave marxista: internazionalismo, lotta di classe, al capitalismo, allo stato borghese e giustizia sociale. Questa visione delle cose è molto limitativa poiché non mostra un quadro esatto del calderone socialista. Al di là delle proprie posizioni politiche dobbiamo osservare che accanto al socialismo marxista ne troviamo un altro di stampo nazionale e antimarxista: il socialismo nazionalista.
Nato in un epoca turbolenta quale il periodo della Prima Guerra Mondiale, legato a fenomeno quali l'interventismo e i malumori per la “vittoria mutilata”, ebbe grande risonanza tra i principali intellettuali italiani (Gabriele D'Annunzio, F.T. Marinetti, ecc.) e venne visto come la principale soluzione al periodi di crisi e di decadenza sociale.
Scopo di questa branca socialista è la fusione delle istanze nazionali, quali quelle di Enrico Corradini, con quelle socialiste, riprese dal sindacalismo rivoluzionario di Georg Sorel e di Carlo Pisacane. Come tale esso si propone quindi come il superamento del capitalismo e del comunismo, quindi “Terza Via”. Una rivoluzione nazionale che avrebbe portato ad una riforma generale del Sistema - Italia. La massima espressione di questa corrente socialista è il Manifesto di San Sepolcro , Milano, del 23 marzo 1919che raccolse le voci, fino allora sparse, del socialismo nazionale, raggruppate poi in un movimento, i Fasci di Combattimento per volere di un giovane Benito Mussolini. Il Fascismo rappresenta l'evoluzione ulteriore del socialismo nazionale dal quale riprendere una serie di istanze. Secondo la definizione di Renzo De Felice il socialismo nazionale costituisce il cosiddetto “fascismo – movimento” che, nonostante i valori del “fascismo – regime”, rimarrà vivo e forte fino al secondo dopoguerra.
Nel programma di San Sepolcro si posso evidenziare le principali richieste della sinistra nazionale: anticlericalismo, lotta alla borghesia, giustizia di classe e unità nazionale. Poche differenze dal socialismo marxismo, ma nei fatti si differenzia moltissimo.
A differenza del comunismo, i socialisti nazionali portano avanti l'idea di un socialismo nella Nazione, ossia un sistema sociale che non neghi lo Stato, ma si realizzi come Stato sociale. Per tali motivi rifiutano di portare avanti la lotta di classe preferendo un sistema interclassista, un sistema corporativo. Il rapporto tra Stato, Individuo ed Economia viene di conseguenza ridimensionato. L'individuo è visto come un entità organica, per cui lo Stato deve garantire la solidità sociale e intervenire per salvaguardare l'armonia fra le classi: tutto questo in virtù dell'unità nazionale. Il lavoratore viene inserito in una serie di sindacati di categoria che si occupano di proteggere l'operaio e l'attività produttiva. A loro volta i sindacati sono introdotti in un sistema di corporazioni e confederazioni dove ogni parte sociale (datori di lavoro e lavoratori) hanno propri rappresentanti. In questo modo il lavoratore e il datore di lavoro riescono a tutelare i propri interesse, eliminando possibili conflitti. L'uomo viene inoltre liberato dalle catene del lavoro dipendente: adesso lui diviene il responsabile di se stesso e del suo lavoro.
Ulteriore sviluppo del socialismo nazionale fu il Manifesto di Verona del 1943all'indomani della nascita della Repubblica Sociale di Salò, firmato e scritto da ex uomini di sinistra, come l'ex comunista Nicola Bombacci.
Si ribadivano gli antichi ideali del programma di S. Sepolcro, traditi dal Fascismo – regime, ma si propongono programmi e riforme con toni socialisti molto più forti. Parlo del programma di“socializzazione delle imprese e dei mezzi produzione”, proposto e applicato da Bombacci per volere di Mussolini. Una riforma del lavoro radicale poiché i rapporti tra capitale e salariato si ridimensionano, anzi si cancellano. Il mezzo di produzione viene affidato in ugual misura all'operaio, il quale diviene padrone del suo lavoro, i cui profitti sono divisi fra i lavoratori stessi. Ciò avviene senza una rivoluzione o azioni di forza, ma tramite un azione legislativa dello Stato che elimina di fatto il lavoro salariato. Inoltre lo Stato garantisce libertà di iniziativa, proprietà privata e salvaguardia il consiglio di amministrazione delle industrie eletto direttamente dagli operai.
L'esperienza di Salò rappresentò un momento importante per il socialismo nazionale o come venne chiamato “fascismo rosso” e per tutti quei movimenti quali l'RNRS (Raggruppamento Nazionale Repubblicani Socialista) che portarono avanti tali ideali. Nel secondo dopoguerra questo pensiero politico venne inquadrato nell'ambito di alcuni movimenti neofascisti, quali Lotta di Popolo, Pensiero Nazionale di Stanis Ruinas, vicino alle posizioni comuniste, o Terza Posizione, fondato da Roberto Fiore, Gabriele Adinolfi e Peppe Dimitri, che si rifaceva direttamente al concetto di “Terza Via”.
Al giorno d'oggi l'idea di un socialismo nazionale è ripresa da movimenti e partiti vari, quali “Fronte Nazionale Sociale”, che alla fine degli anni 90 confluì ne “La Destra” di Storace, e “Uniti per il socialismo nazionale”. 

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