mercoledì 6 giugno 2012

George L. Mosse: sessualità e nazionalismo

Il nazionalsocialismo tedesco e italiano è per George L. Mosse l'espressione più matura del profondo legame tra nazionalismo e sessualità o, meglio, rispettabilità borghese e virilità. Questa tesi è espressa nel celebre studio dello storico tedesco "Nazionalità e Sessualità" (1982). Il fascismo in generale portava avanti una educazione sessuale dove era centrale il rispetto dei ruoli e dei generi sessuali. E' stato sempre così? La risposta di Mosse è no. Quando il fascismo e il nazionalsocialismo erano ancora movimenti parlavano di rivoluzione e di smantellare la mentalità borghese. Il primo fascismo dava ai giovani ribelli la possibilità di rifiutare non solo la propria condizione socio - economica, ma anche il proprio stile di vita. Contro la degenerazione e l'artificiosità borghese si offrivano modelli di vita autentici nonché una rivalutazione del proprio corpo. Tale riscoperta non era solo materialista e puramente estetica (come accadeva per alcuni movimenti di sinistra), ma soprattutto simbolica. Il corpo divenne sinonimo di autenticità, di Natura, della forza della Nazione nonché della propria sessualità.
La rispettabilità venne messa in pericolo. Il culto della giovinezza, della bellezza e della forza, rafforzate dal desiderio di rinnovamento seguito alla Prima Guerra Mondiale, furono fattori destabilizzanti. Si formarono i cosiddetti "Mannerbund", comunità di uomini nate dalla solidarietà che si era sviluppata in trincea, i cui aderenti potevano mettere alla prova la propria bellezza e forza. La propria virilità si doveva sviluppare in contrasto con la viltà borghese osservando un rigido cameratismo. Il peggior nemico di costoro era la pace: ecco perché la costante mobilitazione bellica, oltre a sviluppare la virilità, serviva come disciplina.
Enrst Junger, filosofo e poeta tedesco vicino al nazionalsocialismo tedesco, definì con orgoglio questi uomini come "Operai": "L’operaio’, a contatto con le forze essenziali della morte, del sangue, della terra, avrebbe assunto il controllo del progresso tecnico, della macchina, degli strumenti, cioè determinanti la società del futuro. Il suo perseguimento del potere, il suo disprezzo per lo sfogo ‘femminile’ della società borghese di riconciliare gli opposti, fa dell’operaio l’erede, in tempo di pace, del mito dell’esperienza di guerra: una nuova aristocrazia che supererà il limite tra ordine e anarchia”. Questa definizione aveva in se una contraddizione: come conciliare l'esigenza di forza con quella di disciplina e di rispetto degli usi e costumi nazionali? Era vero che queste dovevano essere le forze rigeneratrici della nazione, ma bisognava conciliarle con il costume tradizionale. In Germania ci fu una graduale assimilazione ai costumi tradizionali. In Italia al contrario il fascismo delle prime origini era molto più libertario. Si permise il libero sfogo delle energie creative tramite forme di avanguardia che si rifacevano alle esperienze futuriste e sindacaliste, ma nel contempo si avviò un graduale rientro nella tradizione. In un primo momento il fascismo promosse una vera e propria rivoluzione sessuale. Alle donne vennero concessi diritti e le si spalancarono le porte per molte professioni, prima tabù. Quando il regime si stabilizzò il ruolo della donna venne man mano sottoposto a continue rivisitazioni fino a coincidere con quella rispettabilità borghese che prima combattevano. La rispettabilità borghese divenne man mano il manto sotto il quale il fascismo si celò per conquistare gli animi della borghesia e per cementare il tessuto sociale.