domenica 17 giugno 2012

194: libertà di scelta

194, un numero che fa solbazzare dallo sdegno gli ambienti cattolici della politica italiana. Viene definita la legge che legalizza l'omicidio, cioè l'aborto, l'interruzione spontanea della gravidanza. La 194 è la legge che tutela la donna e la gravidanza e che permette, secondo precise norme, di interrompere la gestazione. Il 21 e il 22 maggio 1978 gli italiani furono invitati a dire la loro tramite il voto su questo tema, molto caldo a livello internazionale e nazionale. Le ondate femministe a più riprese avevano chiesto di legalizzare l'aborto, una usanza che le donne da sempre praticano in maniera artigianale e sempre in pericolo di morte. Quello che si proponeva ai governi era di riconoscere la legalità di tale pratica e di istituire una normativa che lo regolasse e quindi evitare aborti in casa e pericoli per la salute della donna. Ogni donna aveva il diritto, dicevano (e dicono), di decidere liberamente se partorire o meno un figlio. Queste voci trovarono netta opposizione negli ambienti cattolici e tradizionalisti. Nessuno ha il diritto di decidere la vita di un altro. Però a conti fatti loro decidono della vita altrui. Piuttosto che lamentarsi e invoca un duro intervento del governo dovrebbero rivalutare la parola "referendum". Il referendum è un mezzo democratico per decidere sulle questioni più importanti. I progressisti lo utilizzarono nel 1978 per dare soluzione al dibattito sull'aborto. Gli italiani scelsero di dare ascolto ai progressisti e di votare a favore della legge 194. Da quel momento in poi in Italia l'aborto può essere effettuato tranquillamente e liberamente in tutti i centri ospedalieri sul suolo nazionale. Il dibattito non è ancora terminato e più voci chiedono l'abrogazione della legge. Però una cosa non si tiene in conto a mio avviso: io stesso difendo la vita e ritenendo l'aborto un gesto sbagliato, non mi permetterei di dire ad alta voce di abrogare la 194 definitivamente su due piedi perché siamo in democrazia. Il popolo italiano ha deciso di dire si alla 194 e gli ambienti cattolici non hanno accettato questo fatto. Pur essendo contrario, sono conscio del fatto che non tutti sono d'accordo con me: quindi lascio libertà di decidere. La Cina è lontana. Se si vuole proporre l'abolizione dell'aborto, si dovrebbe indire un secondo referendum dove si chiede ai cittadini di decidere se abolirlo o no. Oltre ad essere un mezzo equo, dando spazio a tutti di esprimersi, è sinonimo di democrazia. L'esito del voto è incerto e potrà andare a favore del si quanto del no. Il fattore democrazia viene spesso messo da parte. Chi riesce a sensibilizzare di più la cittadinanza vince. Questa è democrazia, questa è la vox populi che decide sul spezzare in potenza una vita o meno.

Desaparecidos di Spagna: le vittime del franchismo

Le vittime delle purghe franchiste seguite alla vittoria di Franco, secondo "Associazione per il recupero della memoria storica di Valladolid" che si occupa dall'inizio degli anni novanta di fare chiarezza sul regime franchista, sono circa 92.462. Secondo altre stime sono molte di più, un centinaio di migliaia, se si contano anche le fosse comune di recente scoperte dagli archeologi forensi. Dal 1936 al 1939 si contano le principali ondate di repressione: le esecuzioni era all'ordine del giorno e ad essere uccisi erano liberali, repubblicani, militanti di sinistra e tutti coloro che si opponevano alla crociata di Franco per la redenzione della Spagna contro quel presunto complotto giudaico - massonico - bolscevico che minacciava il prestigio della nazione. Vive nella memoria dei superstiti sono le stragi di Badajoz (agosto 1936) e di Malaga (febbraio 1937) che fecero migliaia di vittime tra uomini, donne e bambini. A queste poi vanno aggiunte le purghe che venivano attuate dalla temibile legione straniera, composta in prevalenza di soldati di origine marocchina, nelle regioni che man mano erano occupate da Franco. Il Caudillo era conscio del fatto che non bastava la semplice occupazione militare e una capillare azione di propaganda per conquistare la fiducia della popolazione. Si doveva estirpare del tutto l'anarchismo, il comunismo e il repubblicanesimo che avevano messo in crisi la borghesia cattolica e agraria che per un periodo aveva visto in pericolo i propri privilegi. I bersagli erano i militanti dei partiti del Fronte Popolare, ma  anche le loro famiglie che indirettamente erano accusate di appoggiare i familiari imprigionati. Successivamente la presa del potere le purghe man mano furono sostituite da un programma di rieducazione simile a quello sovietico o maoista. Migliaia e migliaia di prigionieri politici furono inviati in campi di detenzione, condannati ai lavori forzati. Circa 400.000 furono gli uomini inviati nei centri di detenzione sparsi per tutto il paese. Molte di queste migliaia sono desaparecidos, cioè di loro non si seppe più nulla. A loro volta i galeotti venivano smistati in varie organizzazioni come il "Patronato para la redencion de penas per el trabajo", tutte volte a organizzare il lavoro forzato per la ricostruzione del paese. Il lavoro insieme ai maltrattamenti e alle torture erano funzionali alla redenzione spirituale dei prigionieri. Accusati di ateismo e di tradimento della patria, i galeotti dovevano redimersi cristianamente tramite la fatica e il sudore. Nel 1947, secondo le voci del regime, venne chiuso l'ultimo campo di detenzione a Miranda del Ebro conclusosi il periodo della ricostruzioni. In realtà la presenza di altri centri carcerari con condizioni di esistenza pessime e con sistemi di tortura duri era più che accertata. Il regime giustificava queste violenze come opere di pacificazione e di rieducazione così come durante la guerra Franco celava le violenze dei legionari come atti di redenzione. La violenza per i franchisti era giustificata, mentre per i popolari no. La propaganda nazionalista parlava delle violenze (verificatesi, ma in altre modalità) del Fronte Popolare celando quello proprio o meglio trovando una motivazione per tale prassi. Un esempio è la repressione dei baschi dove, parlando di difesa della Spagna, vennero uccisi uomini di tutti gli indirizzi politici nonché donne, bambini e la maggior parte del clero basco che difendeva l'indipendenza di quelle zone. Stessa cosa avvenne successivamente in Catalogna per reprimere l'onda indipendentista. Nel 1952 le Nazioni Unite, in seguito alle proteste del governo repubblicano in esilio, organizzarono una missione di ispezione delle carceri spagnole. Il rapporto riferì di situazioni allarmanti e dei maltrattamenti ai danni dei prigionieri. I sospetti verso la Spagna furono effettivamente confermati. Vi era il pericolo che ancor di più il paese venisse isolato dalle relazioni internazionali. Franco si sentì minacciato da questa macchia anche in vista dei suoi rapporti appena inaugurati con Usa e Nato. Fu così che il regime carceraria venne necessariamente ridimensionato anche se le minacce di prigionia continuavano ad essere rivolte ai dissidenti.