giovedì 31 maggio 2012

Gaetano Bresci vs Tirannia

Era il 29 luglio 1900 quando a Monza l'anarchico Gaetano Bresci assassinò il re d'Italia Umberto I di Savoia. Le reazioni a questo celebre attentato furono di vasta portata e videro da un lato le autorità farsi barriera per arginare altri tentativi di destabilizzazione, dall'altro feste e celebrazioni in onore del regicidio. Il gesto di Bresci ebbe quindi un largo consenso e la ragione di questo gesto che è passato alla storia è tra i più scabrosi episodi del nostro Paese. Qualche anno prima, nel maggio del 1898, a Milano era scoppiata la cosiddetta "Protesta dello stomaco". Tra il 6 e il 9 maggio la popolazione milanese scese per le strade contro l'aumento del prezzo e del pane. I tumulti furono così forti e numerosi che il Presidente del Governo Antonio Di Rudinì fu costretto a dichiarare lo stato d'assedio. A sedare le rivolte di piazza venne inviato il generale Fiorenzo Bava Beccaris. Il generale diede l'ordine di respingere ogni protesta anche al costo di utilizzare i cannoni. Questo avvenne effettivamente e i morti furono molti. Il caso sollevò un clamore pubblico contro tale gesto di violenza, specie tra la prima stampa di sinistra. Nonostante le accuse rivolte contro il militare, Beccaris fu insignito per l'operazione da Umberto I con la Gran Croce dell'Ordine Militare di Savoia. Il re venne accusato di essere un solidale del generale nei fatti di Milano e ciò fu dimostrato con i provvedimenti cautelativi contro altre forme di rivolta. Furono sciolti le sezioni socialiste e i partiti furono messi sotto osservazione. Il gesto di Bresci fu interpretato dalla stampa e dai militanti socialisti come un atto contro la tirannia e il potere che, per salvarsi, uccide. Il mito dell'anarchico è sopravvissuto per tutto il novecento nonostante una dittatura e due guerre mondiali e ancora oggi la sua eco non sembra essersi affievolita.

Destra o sinistra: scelta libera o no?

E' uno studio scientifico la cui data di pubblicazione risale al dicembre 2010, ma è interessante da riproporre per capire se la scelta politica è frutto della libertà di opinione o se esiste un determinismo biologico che spinge l'individuo a scegliere una frazione politica o un'altra.
La ricerca è stata condotta dal neurologo inglese Geraint Rees della University College of London su un campione di novanta studenti e di due parlamentari appartenente ai due schieramenti contrapposti. Quello che è emerso dai test effettuati ha sorpreso Rees. Ha dimostrato, in poche parole, che la grandezza di alcune parti del cervello possono determinare l'opinione politica. In particolare la grandezza dell'Amigdala, la parte del cervello che controlla la paura, è uno dei fattori determinanti. I conservatori o chi si avvicina a tali politiche ha l'Amigdala più grande rispetto a chi ha idee progressiste o liberali. Altro dato riscontrato è la diversa grandezza del Cingolato Anteriore, ossia la parte del cervello che controlla il coraggio e l'ottimismo. Chi è conservatore ha il Cingolato più piccolo rispetto a chi ha idee prettamente progressiste. Rees spiega così perché ad esempio i conservatori recepiscono di più la minaccia di attentati oppure perché i liberali e i progressisti hanno sua visione ottimistica del mondo e della società.
A supportare tale indagine vi è uno studio pubblicato da alcuni ricercatori di Havard e della University of California. Lo studio ha dimostrato l'esistenza di un "gene liberale", ossia una variazione del gene DRD4 che predispone ad avere un atteggiamento più aperto e liberale. I ricercatori americani hanno spiegato che ci si avvicina alle idee liberali o progressiste non solo per la presenza di questo gene, ma anche e soprattutto se durante l'adolescenza si è avuti una intensa vita sociale, aperta a continue esperienze formative.
Questi due studi, qui esposti brevemente, ribalterebbero l'opinione comune secondo cui ognuno sceglie liberamente la propria opinione politica. Adesso si evidenzia come in realtà l'appartenenza ad una fazione politica è il risultato di precisi modi di recepire la realtà. Verità scientifica o passo falso?