venerdì 27 luglio 2012

Il guastafeste del politicamente corretto

Il "politicamente corretto" rovina sempre e comunque la festa. Ed è vero, visto che per evitare di urtare i sentimenti e le impressioni altrui si giunge sempre ad assumere un atteggiamento di rispetto generale, anche quando le idee non sono conformi alle nostre o sono del tutto sbagliate. Questo lassismo nella lotta politica, nei dibattiti pubblici, nella vita di tutti i giorni è un arma a doppio taglio: da un lato serve per costruire un aspetto di perbenismo e di tolleranza, dall'altro lato fornisce ai nostri interlocutori o avversari l'opportunità di evitare lo scontro e il confronto, trincerandosi nella tolleranza passiva. Assumere questo scuso di difesa certamente non giova alla soluzione dei problemi. Quando ci si pone di fronte alla questione dell'immigrazione ecco che il politically correct entra in scena. Oppure quando si parla della questione delle coppie di fatto non sono accettati confronti o idee che possano suscitare confronti. Bisogna tacere e rispettare passivamente il diverso per non essere tacciato di ignoranza e di intolleranza. Una dittatura che viene spesso fatta passare come l'unico e il più sicuro atteggiamento da tenere nei confronti degli altri. Basta critiche e basta confronti attivi. Il multiculturalismo è giusto e deve essere accettato per quello che è, altrimenti si è razzisti. Poi piangiamo sul latte versato quando si assistono a scene di intolleranza dovute ad una mancata integrazione o confronto tra le varie culture. Le coppie di fatto, altro punto controverso della politica internazionale, è un tabù per cui devono essere accettate per non turbare determinati ambienti che sono soliti reagire a critiche con urla e con dimostrazioni molto deplorevoli. Se si è contrari si è omofobi, parola molto in voga ormai. Per cui seppellite per sempre le asce di guerra e in base ad un presunto principio di libertà accettiamo tutto passivamente. Ecco perché il politicamente corretto è un guastafeste, perché toglie il succo, il divertimento alla politica e al dibattito culturale. L'affrontare temi caldi e questioni sociali di prima importanza sono momenti ormai di sconforto e di noia visto che sono vietate idee diverse e contrarie al soggetto della discussione. O si rispetta o si è contro. I dibattiti sono ridotti a scheletri. Una omologazione tenace e asfissiante investe tutti gli ambiti sociale. Ecco perché ormai si grida ai vecchi tenzoni verbali, alle scaramucce e al gusto della vittoria dialettica. Basta con il finto rispetto e con il confronto negato. E aggiungo anche basta con il perbenismo. Le cose vanno dette in faccia, non siamo ipocriti. Il succo delle discussioni sta proprio nel vincere dialetticamente. Senza di esse la nostra intelligenza perde una valida palestra e ammuffisce nella scatola cranica. Esprimere le proprie idee, anche se contrarie all'altro o al senso comune, non è mai un gesto negativo, come lo si vuole far passare. In questo modo si auspica che il dibattito politico e sociale possa un giorno diventare qualcosa di serio dove i problemi verranno affrontati in presa diretta, nella loro difficoltà. Vincere o essere sconfitti, questo è il bello dello scontro...verbale.