lunedì 4 giugno 2012

Dio, Patria e Famiglia o Liberi, Sociali e Nazionali?

Si è spesso portati a definire il fascismo italiano con il motto "Dio, Patria e Famiglia" intendendo con esso i valori che la figura di Mussolini e il suo pensiero hanno provveduto a salvaguardare. La maggior parte dei nostalgici vede il fascismo in chiave conservatrice e borghese, rifiutando ogni altra interpretazione che differisca da quella che convenzionalmente si accetta. Si può accettare questa versione tanto è vero che si parla spesso di un "fascismo regime" (termine introdotto da Renzo De Felice) compromesso con i poteri forti e quelli tradizionali, accettando di fatto quei valori che precedentemente avversava. In realtà la cultura mistica e ideologica del fascismo non ha mai parlato sempre fin dalle origini di tradizione. Mussolini stesso proveniva da un'area ruotante intorno alla sinistra massimalista. Il suo pensiero è il risultato della commistione di elementi della sinistra con alcuni propri dello spiritualismo e del niccianesimo, incompatibili con la tradizione cattolica. Il motto "Dio, Patria e Famiglia" viene dal Portogallo, da Antonio Salazar, economista e dittatore, che sviluppò un fascismo simile a quello italiano (specie nella politica economica), ma fin dalle origini conservatore e fortemente cattolico. La sua importazione in Italia avvenne probabilmente dopo la guerra civile spagnola per confermare la svolta a destra del regime. Il fascismo italiano, quello di San Sepolcro, parlava di "Liberi, Sociali e Nazionali" cioè una ideologia fortemente connotata da elementi rivoluzionari e lontano dai risultati del fascismo regime.

Tienanmen: urla nel silenzio

Hu Yaobang era un Presidente del Pcc stimato dal popolo per la sua politica riformatrice nonché stimato collaboratore di Deng Xiaoping. Nonostante fosse caduto in disgrazia alla sua morte, avvenuta il 25 aprile 1989, gli vennero tributati onori pubblici e gli fu riservato un funerale di Stato. Questa fu l'occasione per i giovani studenti di Pechino di dimostrare il loro rispetto per Hu. Gli eventi internazionali, specie quelli nel blocco sovietico dove Gorbaciov stava avviando una graduale politica riformatrice, avevano aperto nuovi scenari di libertà. I manifestanti scesi per le strade in occasione dei funerali di Hu, chiedevano un governo democratico equo e libero. Dal 15 aprile al 4 giugno per le strade della capitale cinese sfilarono circa 100.000 giovani provenienti da tutto il Paese. Deng. Xiaoping era  uno dei bersagli dei manifestanti: era accusato di esser un conservatore il quale era poco propenso a riformare del tutto il sistema, a costruire la democrazia e a rinunciare al partito unico. Le manifestazioni si susseguirono incessantemente e le autorità rimanevano impassibili sperando una possibile opera di mediazione. Circa 2000 studenti si stabilirono presso Piazza Tienanmen, proclamando uno sciopero della fame e costruendo una statua in polistirolo intitolata "La Dea della Democrazia". Il Pcc temporeggiava, ma non tutti erano convinti del buon esito del confronto pacifico. Deng Xiaoping si pose a capo della fazione del partito che chiedeva mano dura contro gli studenti. La sua influenza gli permise di ottenere ciò che voleva: repressione. Venne istituita la legge marziale e l'esercito scese in strada per contrastare gli studenti. La popolazione, sconvolta anche dalla crisi interna, solidarizzo con gli scioperanti riuscendo a fermare temporaneamente l'esercito. Vedendo la resistenza del movimento studentesco - popolare Deng diede ordine di usare a tutti i costi la forza. Il 4 giugno i carri armati e i soldati marciarono verso Tienanmen e sparando sulla folla a inerme fino a espugnare la piazza. I dati riguardanti le vittime sono incerti. Secondo le società di spionaggio americane i morti ammonterebbero a 800. Alcune organizzazioni sovranazionali (Croce Rossa e Amnesty International) riferiscono dati che superano le mille unità. Nella Cina contemporanea il silenzio avvolge ancora questi fatti.