
L'operato riformista di Deng si concentrò su quei quattro pilastri che avrebbero retto l'economia cinese: agricoltura, industria, tecnologia e difesa. Per ognuna di esse apportò una serie di riforme volte a eliminare le grandi strutture collettivizzate e a garantire il rispetto della proprietà privata, gettandosi le basi del futuro sviluppo capitalista. Si procedette alla ratifica di una serie di provvedimenti atti a sviluppare il commercio interno e a entrare nel libero mercato secondo i modelli occidentali. Una delle scelte più azzeccate di Deng furono le Zone Economiche Speciali, cioè grandi aree dove vi era una forte riduzione del peso fiscale, localizzate lungo la costa meridionale e rappresentando i parafulmini per gli investimenti esteri che furono il motore dello sviluppo cinese. Gli effetti di questa politica furono evidenti con un forte tasso di crescita demografica ed economica. Purtroppo la sovrapproduzione industriale e agricola all'inizio degli anni ottanta creò problemi a causa della manodopera in eccesso determinata anche dall'introduzione delle prime tecnologie in campo agricolo (il settore dove si contano ancora oggi milioni di lavoratori), lasciando sul lastrico migliaia di contadini. Il rapido e rapace sviluppo aveva causato una repentina inflazione della moneta. Quindi in sostanza si stava verificando un rallentamento della crescita e la messa in crisi del socialismo mercantile creato dal Premier cinese. Il partito e in primis Xiaoping furono costretti a fronteggiare il malcontento popolare e ad attuare misure restrittive (eliminazione dei sussidi e dei bonus introdotti da Deng, ad esempio) per contenere la perdita e l'inflazione della moneta. Le proteste andarono poi a sommarsi al quel clima di opposizione al regime che sembrava essere rimasto in auge fin dalla Campagna dei Cento Fiori. Il movimento operaio si saldò con quello studentesco ricevendo in cambio delle loro lamentele solo repressione armata. Tianamen, 1989, è un ricordo celato, ma ancora vivo.