lunedì 18 giugno 2012

L'antisemita Stalin

Quello che si dice su Stalin e sul suo rapporto con gli ebrei è non tutto frutto dei fatti e quindi della verità storica. Nei libri scolastici spesso viene nascosta quella che molti hanno definito la stessa mattia che colpì Hitler: l'antisemitismo. Il Fuher quindi non sarebbe stato il solo a tramare contro gli ebrei e ad addossare la responsabilità di molti mali a questi. Stalin è stato definito il degno omologo di Hitler. Il 13 gennaio 1953 sulla Pravda uscì una notizia sconvolgente: nove medici del Cremlino erano stati incarcerati e condannati per aver ucciso Zdanov e Scerbakov e attentato alla vita di Stalin stesso. Sei di loro erano ebrei e si giudicò "nemici del popolo" gli ebrei sionisti e amici degli americani che, secondo l'articolo, avevano commissionato gli attentati. In realtà questo è solo uno dei tanti esempi di antisemitismo che lo stesso Stalin dimostrò nel corso della sua vita, spesso per accusare ed eliminare la vecchia guardia bolscevica in maggioranza ebrea o comunque i suoi nemici di partito. Josef Stalin fu sempre un antisemita. Suo padre, ubriacone e sperperatore del patrimonio familiare, fu costretto a vendere tutti i suoi beni a diversi banchi di pegni, tutti gestiti da ebrei. I genitori, devoti cristiani ortodossi, non tardarono a dare un immagine cattiva e pregiudiziale del popolo ebraico, come di genti corruttrici e dediti all'usura. Gli ebrei nella scala sociale georgiana costituivano l'ultimo gradino, come in Russia. Allo stesso modo i georgiani nel cuore della Russia zarista erano gli ultimi della scala sociale. Stalin dimostrò sempre una grande ambizione nel dimostrarsi un vero Russo: questa spinta nazionalista non decadde neanche quando entrò nelle prime formazioni comuniste. Ecco perché fu sempre contrapposto a Lenin e a Trozkij, accesi internazionalisti. Gli stessi ebrei erano per lui delle persone interessate di più ai scopi internazionali e poco propensi ad accettare il concetto di Nazione. Essendo inoltre poco malleabili dal punto di vista ideologico, costituivano un grosso ostacolo. Questa tendenza prettamente nazionalista si manifestò quando nel 1923 firmò il progetto del "Socialismo in un solo Paese", dichiarando di fatto la fine dell'internazionalismo sovietico.
La sua anima antisemita venne ulteriormente plasmata durante il suo soggiorno nel seminario di Tbilisi, dove le idee antisemite erano all'ordine del giorno. Non mancavano neanche le voci di complotti giudaici contro la nazione e l'intero popolo cristiano. Durante la rivoluzione e i primi anni del bolscevismo Stalin non dimostrò mai le sue vere idee. Solo durante gli anni venti per scalare il potere eliminò man mano i principali membri del partito, tutti esclusivamente ebrei. Dal 1948 (anno in cui fu scoperto un complotto di membri del politburo, tutti di origine ebrea) fino al 1953 furono uccisi circa 600.000 ebrei. Si verificarono anche diversi pogrom spontanei e diretti dalle autorità, specie in Polonia dove il sentimento antisemita era molto forte. In Siberia e in Kazakhstan furono allestiti diversi campi di concentramento dove gli ebrei russi, polacchi e di molte altre zone dell'URSS furono rinchiusi e condannati ai lavori forzati nonché alla morte. Il complotto dei medici fu solo il culmine di questa lunga campagna antisemita.

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